La prima conservazione di resti umani in Egitto deve essere avvenuta casualmente. Nei cimiteri dell’epoca predinastica, costituiti da fosse poco profonde dove i defunti venivano deposti in posizione fetale, il clima molto caldo e secco faceva essiccare naturalmente i corpi, ma non si sa se la sopravvivenza nell’aldilà fosse intrinsecamente collegata alla loro conservazione. Quando i corpi cominciarono ad essere deposti in tombe con coperture artificiali, inizialmente venivano avvolti in bende di lino e ricoperti di gesso compresso e levigato perché prendesse la forma del corpo sottostante; quando il gesso era asciutto, il guscio esterno veniva dipinto (spesso di verde, colore della rinascita) e al viso erano dati i lineamenti del defunto. Durante il Medio Regno la tecnica di mummificazione si affinò per raggiungere i suoi risultati migliori e definitivi nel Nuovo Regno. Ci furono, in epoca tarda, anche inutili tentativi di ridare al corpo le sue naturali caratteristiche con imbottiture di lino e altri materiali, ma la decomposizione di questi supporti provocò proprio quello che gli imbalsamatori cercavano di evitare. Anche i greci e i romani ricorrevano alla mummificazione: centinaia di metri di lino piegato e tinto avvolgevano tutto il corpo con una complessa bendatura definita a forma di diamante; l’immagine del defunto veniva riprodotta su una tavoletta dipinta con una pittura a base di cera. Quando il cristianesimo si diffuse in Egitto, la mummificazione fu a poco a poco abbandonata.